Le parole della politica prima

Le parole della politica prima

di Mariagrazia Napolitano

Parte I   Parte II   Parte III

Le parole con cui lavoriamo nascono tutte da pratiche politiche.
Le pratiche politiche a cui ci riferiamo appartengono a un senso differente della politica e ad una forma della politica che non si fonda sulle idee ma su pratiche di vita e di relazioni.
A questa pratiche politiche attribuiamo il senso di una  politica prima.
Come nasce una politica prima? Da dove si origina?

Cap. I – Il risveglio dell’Umanità

Con la seconda guerra mondiale l’Umanità si consegna alla Storia con tutto il carico dei suoi orrori e della sua degenerazione.
Dalla potenza e dalla vastità di tanto Male nasce un nuovo Spirito.
Incarnato nei Figli dei Fiori. Gli Hippies.
Mettete dei fiori nei vostri cannoni e Fate l’amore non fate la guerra divennero negli anni 60 i canti che unirono i cuori dei giovani di tutto il mondo.
Quello spirito dette inizio ad un nuovo respiro.
Il Respiro di Maria era tornato a Operare nella Storia.
Incarnato nei corpi dei Figli e delle Figlie.

un mondo d’amore
Quando la barbarie umana generata dallo Spirito del Padre raggiunse il culmine dell’orrore i giovani, uomini e donne, presero posto sulla scena del mondo uniti nel sogno di un mondo migliore, un mondo d’amore.
Nacque da qui la rivoluzione del 68.
L’unica rivoluzione che, senza fare né morti né feriti, pose fine all’egemonia dei padri.
L’intero sistema simbolico del Padre, nelle sue diverse istituzioni (stato, chiesa, scuola, università, saperi, leggi), fu messo sotto giudizio e costretto ad arretrare.
Il lutto simbolico
Il lutto generato dalla perdita simbolica del Padre produce un vuoto di senso che spinge i giovani a interrogarsi sul proprio essere ed esistere e a generare nuove regole di vita.
In questo laboratorio di vita nuova fra le giovani donne nasce il desiderio di ritrovarsi fra loro per confrontare le proprie esperienze.
E’ l’inizio delle relazioni tra donne e di una nuova società femminile.
il risveglio delle donne
Nell’ordine di vita patriarcale le relazioni tra donne soffrivano di una profonda miseria.
Le donne cercavano negli uomini, padri figli compagni amanti, la propria misura e il proprio senso.
Nel disprezzo costante del genere femminile.
Il vuoto simbolico fa spazio ad un nuovo sentire.
Le donne cominciano a percepirsi come altro e a cercare nell’altra donna uno specchio, un riflesso di sé.
E’ il risveglio delle donne, il loro primo respiro.

la perdita della terza gamba
Perdere l’appoggio al sistema simbolico dei padri, è stato per le donne come perdere la terza gamba, un sostegno innaturale che rendeva claudicante il cammino femminile.
Camminare sulle proprie gambe, ragionare con la propria testa, guardare con i propri occhi, giudicare con i propri sensi, rimette in vita il corpo femminile e la sua potenza innata.
Il corpo femminile si risveglia e le donne cominciano a camminare, guardare, ascoltare, gustare, parlare, ragionare e pensare con la propria testa.
Non che prima non lo facessero, ma quando lo facevano ad alta voce venivano prese per pazze. Proprio come ai tempi delle streghe.
Nel mondo irrompe la potenza del corpo femminile e porta alla luce la grandezza femminile.
una rivoluzione epistemologica
Si tratta di una vera e propria rivoluzione.
Una rivoluzione epistemologica che fa del corpo il principio di realtà.
Partire dal corpo e non dalla mente sovverte l’ordine esistente che si fonda sull’ipertrofia della razionalità maschile.
Questa rivoluzione acquista un carattere sistemico perché si diffonde in ogni società patriarcale e colpisce alle fondamenta l’edificio umano.
Erano le fondamenta dell’edificio umano che andavano sistemate, perché poggiavano su un solo pilastro.

Affianco al pilastro del padre mancava quello della madre.
A dispetto dell’ordine naturale delle cose e del principio di equilibrio della Vita.
Un principio basilare dell’ordine sacro della Vita.
una rivoluzione simbolica
Il criterio del partire da sé, da ciò che una donna sente e pensa, spinse le donne a cercare le parole per dirsi e a dare il proprio senso all’esperienza.
Insieme, in luoghi pubblici e non domestici.
La pratica del partire da sé in relazione con l’altra inaugurò un nuovo ordine di senso e un nuovo senso della politica.

una rivoluzione politica
E’ la nascita della politica prima.
Di una pratica politica che trova nelle relazioni tra donne e nel principio del partire da sé i suoi fondamenti.
Le donne iniziano a incontrarsi nelle università, nei quartieri, nelle case delle donne per confrontarsi a partire da sé.
Inizia un processo di libertà femminile che spezza le catene che sottomettono le donne ai padri, ai fratelli, ai mariti, ai figli, agli amanti.
Ma inizia a sciogliere anche i nodi che imprigionano le donne all’interno di sé.

La rivoluzione femminile inizia a muoversi dunque su due piani: il piano delle relazioni uomo-donna in cui acquista il carattere della rivoluzione sessuale e il piano delle relazioni fra donne con cui ha inizio un nuovo ordine di libertà femminile.
un ordine sociale differente
Nascono i gruppi di autocoscienza. Il primo apparire di un ordine sociale differente.
Nati nelle università americane, si erano diffusi in Europa e su tutto il territorio italiano.
Si trattava di piccoli gruppi di donne, chiamati collettivi, che nascevano spontanei per condividere la propria esperienza.
Nei collettivi, molteplici nelle grandi città, le donne si riunivano per parlare della propria esperienza e prenderne coscienza. E fu così che si rivelarono i nodi che le imprigionavano.
Nodi quasi sempre risalenti alla prima di tutte le relazioni, la relazione con la madre.
La rivoluzione ontologica
Nel pensare la propria esperienza le donne presero coscienza della propria differenza.
Differenza sessuale la chiamò Luce Irigaray quando dette inizio al pensiero della differenza sessuale.
Un ordine di pensiero che portava alla luce una realtà evidente rimasta invisibile al pensiero: i sessi sono due, femminile e maschile,  e due avevano da divenire i soggetti.
Siamo nate donne dobbiamo diventarlo, diceva Luce Irigaray.
E fu una vera e propria rivelazione ontologica.

la fine dei collettivi
Nell’opera di rinascita femminile si rivelò ben presto un limite interno.
I collettivi erano regolati da un principio di assoluta parità tra donne.
Questa regola serviva ad arginare la paura del potere schiacciante della madre.
Ma l’argine si trasformò in prigione e divenne mortale.
Nei collettivi nessuna poteva emergere e distinguersi dall’altra.
Il regime di parità impediva alle donne che avevano un di più di metterlo a disposizione del bene comune.
La parità fra donne portò alla fine dei gruppi.

La morte dei collettivi rappresentò una ferita profonda della libertà femminile.
E divenne un passaggio significativo della Storia femminile.
una porta stretta
Il sentimento di lutto collettivo che seguì alla fine dei collettivi segnalò alle donne la presenza di una porta stretta: un passaggio di libertà che richiedeva un nuovo salto di coscienza ed uno spostamento simbolico: il riconoscimento della disparità fra donne e della autorità femminile.
Fu l’attraversamento di questa porta stretta che annunciò l’apparizione simbolica della Madre.
Quella porta fu attraversata agli inizi degli anni ’80 da donne nuove che si sentivano spinte dal desiderio di fare mondo.
Nacquero librerie, centri documentazione, gruppi accademici di ricerca, regolati da una pratica di affidamento che consentiva alla donna che voleva realizzare il proprio desiderio di affidarsi all’altra a cui riconosceva un di più di esperienza e competenza simbolica.
Da qui nacque la necessità di imparare a fidarsi dell’altra. Anzi di più, ad affidarsi all’altra.
La nascita del sentimento di fiducia fra donne, soprattutto in rapporto di disparità fra loro, segnò la svolta della politica prima e rivoluzionò il costume di vita della società femminile.
Una società che fino a quel momento si era fondata sulla diffidenza fra donne.

la miseria femminile
La società femminile soffriva quindi di una grande miseria, umana e simbolica. Non godeva dell’amore tra donne.
I rapporti fra donne erano regolati dall’invidia e dalla competizione. Una competizione incivile che portava le donne a misurarsi tra loro nella contesa per lo stesso uomo.
La contesa femminile metteva in scena una violenza selvaggia che era pari al sentimento di nullità.
Nell’interiorità femminile regnava il niente. Un vuoto di sé che procurava alle donne una sofferenza sorda, profonda.
Una donna acquistava senso e pienezza solo nello sguardo dell’altro e per conquistare questo bene era disposta a lottare con le unghie e con i denti. Perfino contro la propria madre, la prima di tutte le donne. Mettendo in scena un ordine femminile incivile.

Questo regime di lotta senza quartiere rendeva le donne le più povere di tutti i poveri.
Preda di una miseria di sé senza limiti che le faceva rifugiare nel sogno del principe azzurro.
E le confinava in una vita immaginaria in cui consumavano tutte le proprie energie creative.
Al servizio dell’altro da sé.
la grandezza femminile
Della mancanza di una civiltà femminile aveva risentito la prima di tutte le relazioni: la relazione madre-figlia.
La perdita di questa relazione aveva consegnato le donne al mondo in uno stato di assoluta indigenza simbolica e spirituale.
La pratica dell’affidamento agì su questo piano, risanando la ferita ontologica e simbolica e offrendo alle donne una misura autentica della propria grandezza, la misura materna.
Fu un risanamento operato dalla potenza creatrice del corpo femminile che riportò in vita, in forma simbolica, la relazione madre figlia.
La matrice ontologica del corpo femminile.
La grandezza femminile non era una questione di valore. Ma di sostanza. Di sostanza simbolica.
Ma prima ancora di sostanza ontologica. Dell’essere madre e figlia in sé.
E le donne cominciarono a farsi madri di sé grazie alla nascita dell’amore di sé.
un nuovo ordine di senso
Affidamento, disparità, autorità femminile, divennero nuove categorie di senso e uno spartiacque della vita femminile.
Ma soprattutto aprirono l’orizzonte di senso all’apparizione della figura simbolica della madre.
La donna scelta per il suo di più prese il nome di madre simbolica.
La sua incarnazione simbolica mutò la vita delle donne.
Fu un evento rivoluzionario che consentì alle donne di riprendere a camminare con le proprie gambe, guadagnando in forza libertà e autorità.
La potenza creatrice del corpo femminile aveva generato ciò che prima non c’era: un nuovo ordine di senso.
E fu così che  apparve la coppia creatrice, una nuova categoria di senso

Cap II – Alla ricerca di Lei

Partì da lì la ricerca delle donne.
Da un’inversione di tendenza che portò le donne in fuga dalla propria madre e da sé a mettersi in ricerca di lei e di sé, sia dentro che fuori di sé.
Che si trattasse di un nuovo passaggio della libertà femminile lo si capì solo strada facendo.
In alcuni luoghi della politica prima era emersa una figura madre capace di porre nuove regole, a guisa di una madre fondatrice, e di spostare l’ordine di senso.
Quei luoghi divennero luoghi materni della politica prima.
Alla ricerca della madre
In alcuni luoghi furono le figlie a muoversi in direzione della Madre, dando vita alla generazione di un nuovo ordine di senso, l’ordine simbolico della madre, attraverso pratiche di relazioni e regole di vita garanti dell’autorità femminile.

Alla ricerca della figlia
In altri luoghi furono le madri a muoversi alla ricerca della Figlia, attraverso pratiche di relazioni  e regole di vita garanti della sacralità e verginità femminile
La Figlia apparve come radice di senso dell’identità femminile e come origine del sacro femminile.
La ricerca dell’identità femminile inaugurata dalla nascita del pensiero della differenza sessuale portò a individuare nella figlia l’origine del divenire femminile
Il divenire femminile
siamo nate donne dobbiamo diventarlo – L. Irigaray
la scomparsa delle donne
L’apparire della figura simbolica della Madre in un luogo della politica-prima generò una forza nuova.
A lei competeva fare ordine nel senso dell’esperienza.
L’esperienza femminile cominciò ad acquistare senso. E il senso dell’esperienza femminile cominciò per tutte a venire alla luce.
Per comprendere la rilevanza di questa parte dell’opera materna bisogna partire dal fatto che la gran parte delle donne sono scomparse a se stesse.
La scomparsa delle donne non è dovuta ad atti violenti, ma alla potenza simbolica  delle parole.
Le donne scompaiono nelle parole.
La negazione di sé
Quando una parola non corrisponde al senso dell’esperienza femminile finisce col negarla.
Una bambina che cresce appoggiandosi al simbolico del padre e a nominarsi con parole che non fanno luce sulla sua esperienza finisce con lo scomparire a se stessa.
La negazione di sé è l’esperienza più profonda di sofferenza femminile. La gran parte delle donne soffre della propria invisibilità e cerca nell’apparire la soluzione al vuoto d’essere.
Si tratta di una sofferenza che la donna non sa neanche di patire se non quando giunge al limite delle proprie forze e si arrende alla follia.
Perdersi a sé è il limite massimo della miseria femminile.
Paradossalmente è proprio sulla negazione di sé che si fonda il cammino di perfezione femminile.
Quanto più una donna si rende perfetta per l’altro tanto più scompare a se stessa.
Un paradosso dell’amore femminile
la necessità di nuove regole
Per invertire quest’ordine di senso serviva un altro sguardo. Un altro punto di vista.
Una epistemologia di ordine materno. Lo sguardo della Madre. La sua visione contemplativa.
In uno dei luoghi materni la regola del partire da una logica d’amore spostò il modo guardare la realtà, inaugurando una  diversa epistemologia.
Per accedere al mistero della vita profonda fu posta la regola della sospensione del giudizio.
A cui seguì la regola della non interpretazione
Bastarono queste tre regole a garantire l’inviolabilità del corpo femminile e a definire un nuovo piano della realtà.
Un piano così profondo da consentire l’accesso al sacro femminile e al suo carattere simbolico.

Il corpo femminile
Nell’ordine patriarcale in cui viviamo, la figlia non ha né valore né dignità sociale. E’ una figura sacrificale, violabile, oggetto di scambio tra gli uomini. Alla figlia viene per prima cosa negato il corpo, il divenire corpo di donna e ciò avviene separandola dalla madre. In un ordine genealogico femminile la figlia non sarebbe mai sola, avrebbe sempre come riferimento sua madre, è a lei che sarebbe grata e riconoscente per averle dato lo spazio dell’esistenza. Nell’ordine del padre, la madre biologica troppo spesso non ha una reale attenzione per la figlia. Certo l’ama, ma è un amore fatto di pena, di compassione per sé e per lei, per il destino che l’attende. E’ un amore consolatorio, protettivo che cerca il più possibile di evitarle dolore e sofferenze. E’ comunque un amore sterile perché non produce conoscenza, non permette il divenire della figlia, non le dà parola. La madre consegna la figlia al mondo senza averle fatto il corredo, senza corpo, senza parola.
Adele Longo – La figura della figlia

Grazie a queste tre regole lo sguardo delle donne fu orientato ad una pura contemplazione dell’esperienza femminile. La vita femminile veniva contemplata in tutto il suo reale, nel bene e nel male.
Fu dalla vita dei corpi e non da quella delle parole che le donne iniziarono ad estrarre il proprio senso.
E i corpi delle donne rivelarono limiti umani e grandezze divine.
l’opera di Penelope
La fondazione di un ordine materno poggia sulla costruzione dell’autorità materna. E questa costruzione richiede l’esercizio del giudizio femminile.
Ma l’esercizio del giudizio genera paura nelle donne.
E la paura genera diffidenza.
Amore e paura diventano il lievito di un’opera femminile fatta di luci e ombre.
Dietro la figura luminosa della Madre sta sempre in agguato l’ombra della madre.
L’opera che avviene alla luce è solo la parte luminosa dell’opera.
Nell’ombra si svolge l’opera in nero.
La partita si gioca nei corpi delle donne fra immanenza e trascendenza.
Luce e ombra.
la relazione madre-figlia
La vita femminile mostra la centralità della relazione madre figlia.
Nel bene e nel male.
Questa relazione si rese visibile nella sua potenza creatrice quando una delle relazioni delle figlie con la Madre acquistò il carattere di una coppia creatrice.
Le ragioni che portarono al formarsi di una coppia creatrice rimangono ancora ignote.
Probabilmente fu l’esercizio della lingua materna che consentì loro di aprire uno scambio fatto di parole che dicono l’essere.
Ma fu anche la qualità dell’amore che prese a circolare fra loro.
Un amore purissimo, trascendente.
Generato da un atto di affidamento estremo, senza limiti, purissimo.
E da uno sguardo purissimo, capace di accompagnare con la sua luce fino all’estremo limite del senso.
La figura della figlia
Fino a quando la figlia appare solo come un elemento della relazione madre figlia rimane in ombra la sua grandezza simbolica.
Solo quando la madre si dota di uno sguardo purissimo capace di contemplare il carattere sacro della figlia la sua potenza simbolica viene alla luce.
La pratica della incarnazione simbolica e della sua contemplazione consentì il rivelarsi della Figlia, come figura in sé.
E mise in presenza della Radice sacra del corpo femminile.
L’apparizione della Figlia rappresentò un evento simbolico e sacro assieme.
E’ possibile riconoscere il carattere sacro della Figlia solo partendo dalla contemplazione del corpo femminile.

la radice del corpo femminile
Ogni donna ha in sé il luogo dov’è la figlia. In questo luogo esiste la potenza arcaica. La chiave dell’espressione e dell’espansione di sé, il ponte che ci lega al passato, nostro personale e comune. Se non recuperiamo e non riconosciamo questo luogo dentro di noi, si perdono i fili, il patrimonio va perduto, l’immaginario non trova più radici, i sogni rimangono sospesi, la nostra percezione non trova le coordinate per dirsi. In lei si armonizzano molti saperi, ancora informi. Perché la figlia è stata catturata dal padre prima che le percezioni potessero organizzarsi e diventare sapere e simbolico. Catturata in questa fase, la figlia si è perduta, e ha dovuto acquisire, per non soccombere, le categorie già date. Questo luogo è in ombra, dentro di noi e nel mondo. In ombra e soffocata.
Cosetta Diegoli – La figura della figlia

La figlia è il nome che si da alla radice del corpo femminile e del suo divenire donna.
Perché è da figlia di una madre prima e di un ordine di senso dopo che ogni donna diviene ciò che è.
E’ da bambina che una donna comincia a negarsi e a scomparire a se stessa.
Ed è il suo corpo che comincia a patire lo sradicamento da sé.
La via crucis della Figlia dura tutto il tempo che un corpo femminile impiega per cancellare le tracce di sé. Spesso una vita intera.
Quest’opera di sradicamento, che porta il corpo femminile a innestarsi su radici non proprie e fa dell’albero della vita femminile una distorsione della vita naturale, porta alla perdita di sé.

La terza gamba

Quella bambina e poi quella donna, perderà con la madre anche il proprio corpo, la fiducia nelle sue percezioni, nel suo sentire, nel suo ragionare, nel suo pensare.
E imparerà a fidarsi e ad affidarsi a ciò che l’altro sente e pensa. Imparando a camminare appoggiata alla sua stampella. La terza gamba di cui parla Clarice Lispector ne la Passione secondo GH.
Questa forma di sviluppo riduce la potenza innata del corpo femminile.
Che rinuncia alle proprie gambe per camminare appoggiata alla terza gamba. L’ordine di senso dell’Altro.
Un’aberrazione della vita naturale e insieme una perdita di sostanza femminile che equivale ad una distruzione di massa.
Quest’opera di annientamento di sé è il dono grande che ogni bambina fa a chi la vuole diversa da sé, madre o padre che sia, l’importante è che sia un funzionario dell’ordine dell’altro.

una pratica di trascendenza
Sul piano interiore si combatte lo scontro più duro fra ciò che una donna è, e ciò che si vuole che sia. Dentro ciascuna si compie il tradimento più feroce: ci costringiamo a rinnegare all’esterno quella parte di noi che sentiamo più vera, più vitale, più fedele, più sacra. Occultare la figlia agli occhi del mondo ha significato occultarla anche ai nostri occhi, e questo ci ha fatto perdere il contatto con la nostra sacralità. Occorre mettersi in ascolto di se stesse, imparare l’arte di affidarsi, a sé e all’altra, per riuscire a percepire la figlia dentro di sé e darle diritto di esistenza.
Pia Marcolivio – La figura della figlia

E’ la fondazione dell’ordine materno che inverte questo destino femminile.
Perché dota le donne di un ordine di senso proprio in cui inscrivere la propria esperienza, umana e divina. A partire dalla sua radice.
La costruzione dell’ordine simbolico e sacro della Madre poggia sulla costruzione dell’autorità materna e del suo giudizio.
Ma questa opera di costruzione presenta luci e ombre.
Perché dietro la figura della Madre è sempre in agguato la sua ombra.
E la consacrazione della Figlia può comportare la dissacrazione della Madre.
L’Opera in bianco della Madre può essere smontata dall’Opera in nero della Figlia.
Quando alla Figlia manca la necessaria trascendenza.
La trascendenza che necessita per trascendere la paura della madre e la seduzione del padre.
La partita si gioca fra immanenza e trascendenza.
la matrice divina del corpo femminile
Quando la pratica politica si è dotata delle regole necessarie a porre fine a questo calvario ha invertito il corso della storia femminile e ha consentito al corpo delle donne di ritrovare in sé la matrice divina da cui ripartire.
Madre e Figlia in sé.
Vergine
Matrice Divina perché sacra.
Matrice divina perché fa di sé un nuovo principio di creazione.
Divenire divine
La matrice del corpo femminile si è rivelata attraverso pratiche di ricerca che hanno messo in gioco la vita del corpo femminile ed hanno consentito l’incarnazione della matrice divina madre figlia in corpi di donne.
La pratica dell’incarnazione simbolica consente di vedere l’invisibile, il divino nascosto nell’umano.
Ossia la matrice del corpo femminile e la sua sacralità.
E’ nel corpo femminile che può risvegliarsi la matrice divina della coppia madre figlia.
Quando una donna accoglie nel suo grembo interiore la bambina abbandonata e persa.
E si fa madre di sé. Senza se e senza ma.
Uno stato di accoglienza pura di sé, gravido di conseguenze potenti per la vita delle donne.
Un abbraccio divino che fa ripartire dalle radici del corpo femminile lo sviluppo ontologico femminile. L’albero della vita femminile.
Un divenire senza limiti fino alle conseguenze più estreme del divenire divine. Creatrici.
siamo nate donne dobbiamo diventarlo – L. Irigaray

l’albero della vita femminile
L’albero della vita femminile, come ogni albero, prosegue nel suo sviluppo sia verso l’alto che verso il basso.
Si eleva il senso della vita quanto più si approfondisce il suo significato.
Umano e divino, vita area e vita profonda, proseguono assieme come comanda la Vita.
Solo quando prende inizio l’opera ordinatrice della Madre diventa visibile la potenza creatrice della Figlia.
Questa dinamica divina del corpo femminile si è resa visibile solo quando si è incarnata in corpi di donne.
L’incarnazione di questa matrice ha trovato impreparata la mente femminile.
Le regole politiche, affidamento disparità autorità femminile, hanno dovuto intrecciarsi alle regole del partire da una logica d’amore, della sospensione del giudizio, dell’inviolabilità del corpo femminile.
Un incrocio del tutto inedito che ha regolato politica e sacro, umano e divino.
In maniera imperfetta. Per la difficoltà che vive la Ragione a stare dietro al Reale.
Ma c’è di fatto che possiamo dire che pratiche politiche estreme, anche se imperfette, hanno dato inizio ad un’opera preziosa.
Un’opera femminile che può portare a compimento l’Opera di Maria.
L’unica Opera umana che noi conosciamo che ha saputo fare posto anche alla vita divina.

Cap III l’Opera di Maria

Se Maria è in un certo senso visibile, la sua opera rimane, in maggior parte, invisibile. Luce Irigaray Il mistero di Maria
Accedere al senso dell’opera femminile è già un’impresa.
Questa impresa diviene estrema quando pretende di accedere al senso dell’Opera di Maria.
Perché ci mette di fronte ad un mistero.
Al mistero di Maria.
Di fronte al quale si è posta Luce Irigaray nel suo ultimo libro Il mistero di Maria.
A partire dalla scena dell’Annunciazione e dal si di Maria all’Angelo.
Cosa sarebbe successo all’umanità se Maria avesse detto no all’annuncio dell’Angelo?
Cosa sarebbe successo se l’Angelo le avesse annunciato la nascita di una Figlia divina?
Cosa rappresenta la figura dell’Angelo?
Come fa Maria a vedere l’invisibile? Ovvero l’Angelo, una figura invisibile?
Come fa a udire le sue parole e a dialogare con lui?
Perché questa svolta rivoluzionaria dell’anima umana ha inizio proprio da qui?
Da dove si origina la capacità di  Maria di vedere l’invisibile e udire l’inaudito?
Questa capacità di accedere all’invisibile e all’inaudito appartiene al corpo femminile?
E’ da lì, dalla verginità del corpo femminile e della sua potenza sensibile, che Maria attinge la sua divinità?
Perché di Lei si vede solo il frutto, la nascita di Gesù, e non l’Opera di Maria.
Cosa significa accedere al senso dell’Opera di Maria?
L’Opera di Maria è una manifestazione dell’Opera femminile?
Quanto riguarda le donne la ricerca del suo senso, visto che anche delle donne se ne vede la figura umana ma non l’Opera divina?
Perché l’opera femminile coincide con un’opera che è rimasta in ombra fino ad ora?
Coincide? La rappresenta?
L’opera politica che tiene insieme umano e divino si accosta all’Opera di Maria?
Da qui in poi la rivoluzione simbolica di cui la politica prima si è fatta carico è di fronte ad una porta strettissima.

La porta strettissima
La porta strettissima della politica prima riguarda intanto il passaggio dalla donna all’opera.
Ma soprattutto il passaggio dall’opera delle donne all’Opera di Maria.
Che è un Opera Prima.
E’ un passaggio che sovverte l’ordine religioso che fonda la sua spiritualità sulla sacralità del corpo maschile.
Il corpo del Figlio.
E’ un passaggio che chiede alle donne una libertà estrema.

La libertà di far corrispondere il reale col vero fino alle sue estreme conseguenze.
Se ciò che è emerso in alcune pratiche politiche presenta questa corrispondenza, la conseguenza necessaria è che la mente si pieghi per comprenderla.
Non basta trascendere la potenza dell’ego per accedere al senso del reale.
Bisogna anche che avvenga una genuflessione di fronte alla potenza simbolica del sacro.
la genuflessione come atto di libertà
Noi donne siamo educate dal corpo prima e dal sistema simbolico poi a genufletterci di fronte all’altro, figlio, padre, marito, amante.
Ciò che la pratica della libertà femminile rivela è che non è nella genuflessione l’atto di ripiegamento del corpo femminile.
Ma nel simbolo a cui quel corpo si genuflette.
Piegare il corpo femminile alla genuflessione di fronte al simbolo sacro del corpo maschile è un atto gravido di conseguenze spirituali se non è accompagnato dalla genuflessione al simbolo sacro del corpo femminile. La matrice divina Madre Figlia
Quando ci inginocchiamo dinanzi a un mistero divino che ci appartiene profondamente portiamo a compimento l’Opera di Maria per il genere femminile.
Portare a compimento l’opera di Maria per il genere femminile è uno spostamento etico che ci mette alla Sua Altezza.
Che porta la grandezza femminile alla sua misura divina.
Un guadagno di libertà
Portarsi all’altezza dell’Opera di Maria  genera una nuova misura di grandezza.
Necessaria alle donne. Anche alle donne non credenti.
La contemplazione del mistero di Maria non ha a che fare con l’inscrizione nell’ordine religioso vigente.
Ha a che fare con la libertà femminile. Che guadagna in altezza profondità e senso.

invisibile e inaudito
Sì, perché guadagna una nuova competenza femminile.
Il riconoscimento di una competenza propria del corpo femminile. Una competenza innata che consente l’accesso all’invisibile e all’inaudito.
Una competenza di cui la Vita dota il corpo femminile per consentirgli di accedere al suo mistero.
L’accesso al mistero della Vita consente alle donne di portare a compimento l’opera che la vita ha iniziato nel grembo materno e che prosegue nello sguardo della Madre.
Il corpo femminile ha dunque una vocazione innata ad accedere al mistero.
All’invisibile e all’inaudito.
Questo significa che porta una donna a vedere ciò che altri non vedono.
E a parlare una lingua che altri non parlano, la lingua del corpo.
la riserva aurea
Le donne non sanno di vedere ciò che altri non vedono.
E non sanno di parlare una lingua che altri non parlano.
Quando usano i propri occhi e parlano la propria lingua si dice di loro che sono pazze o che fanno chiacchiere.
Una distorsione di senso che le donne accettano solo perché hanno tolto autorità al corpo femminile e si sono private delle proprie competenze. Pena il giudizio mortale dell’altro.
Un’opera selvaggia di scissione da sé che ha portato le donne a perdere tutto.
Il corpo femminile. La propria riserva aurea.

un ordine simbolico e spirituale
Con l’apparizione simbolica della coppia madre-figlia l’opera della politica prima acquistò il carattere della trascendenza.
Molta parte della attenzione fu rivolta al carattere umano della relazione. La figlia si portava dietro il risentimento dovuto all’ombra materna. E a questo risentimento venne dato lo spazio necessario al suo superamento.
Ma la parte più viva e feconda della relazione madre figlia si rivelò quando la madre si pose a garanzia della sua sacralità e della sacralità del corpo femminile.
E la figlia inaugurò una pratica di devozione alla madre che conferì all’affidamento un carattere sacro.
Il carattere sacro della relazione madre-figlia introdusse nella politica prima un nuovo elemento.
E la politica prima assunse il carattere di un’Opera Prima.
Il carattere dell’Opera di Maria.
Di una creazione divina generata dalla relazione Madre-Figlia.
L’Opera Creatrice
L’Opera ebbe inizio con la creazione del Luogo.
Un luogo materno della politica dotato di regole auree.
Regole divine capaci di consentire l’accesso al sacro.
Ogni donna stava guadagnando per sé la potenza materna sia nel mettersi al mondo che nel generare l’altra.
Fu l’inizio di una pratica di generazione divina femminile che fece della politica prima un’Opera Prima.
La pratica politica aveva il carattere di un laboratorio di ricerca sul senso della potenza materna e della verginità femminile.
Incarnate in donne adulte che si rendevano disponibili ad agire l’essere Madre o l’essere Figlia.

un’opera prima
Le pratiche di generazione femminile misero all’opera le donne. E la politica prima divenne la più grande impresa femminile. Un’opera prima.
L’opera prima delle donne si svolgeva su più piani. Sul piano ontologico, epistemologico, simbolico, spirituale e si faceva coscienza e pensiero di sé.
Pensare non soltanto se stessa ma l’opera in corso dilatò lo spazio del pensiero.
L’opera femminile era fatta di Vita e di Amore.
E la Vita e l’Amore divennero il centro di attenzione.
Ma portarono dritto dritto a Dio. Al senso e alla misura dell’invisibile.

la rivoluzione simbolica
Le pratiche di generazione rappresentano la prima impresa femminile.
Presero varie forme a seconda dei luoghi dei gruppi e della vocazione femminile.
E in tutte le diverse forme mostrarono di avere il carattere di una rivoluzione simbolica perché andavano a configurare un nuovo ordine di senso, l’ordine simbolico della Madre.
Al pensiero della differenza sessuale seguì dunque il pensiero del simbolico della Madre.
Se il pensiero della differenza sessuale nacque dalla necessità di individuare una identità di genere femminile, il pensiero dell’ordine materno nacque dalla necessità di collocare la differenza femminile all’interno di un proprio orizzonte di senso.
Da qui la ricerca di parole che dessero nuovo senso all’esperienza femminile.
La rivoluzione simbolica ha dunque richiesto che ai corpi si sostituissero le parole, parole capaci di incarnarli.
Parole di verità e di luce potenti come il Verbo che incarnano l’esperienza del corpo femminile.
…e venne la luce
Quando una donna si colloca nel proprio ordine di senso le diventa visibile ciò che prima risultava invisibile.
La prima cosa che diventò visibile fu il senso della grandezza femminile. Una grandezza che nessuna parola di uomo aveva mai potuto far guadagnare. Ci avevano provato maestri e poeti, amanti e padri, niente e nessuno era riuscito a colmare quel vuoto di senso che soffre una donna quando si trova nella miseria simbolica. Priva di parole proprie e di senso proprio.
Miseria e grandezza divennero dunque le parole correnti capaci di definire l’inizio e la fine di un percorso che portava le donne prive di sé a guadagnare il proprio senso. Non il migliore, in una corsa di accaparramento del primo posto agli occhi dell’altro, che tanta miseria aveva fatto guadagnare alle donne, ma il senso proprio quello che aderisce perfettamente all’esperienza profonda di sé e che rimane in sé unica e assoluta.
Parole dunque cercate e trovate lungo una via di ricerca di sé, l’unica via, la via maestra, che consente alle donne di parlare a nome proprio e a nome della madre.
Una via che forma sguardo e pensiero, risorse necessarie alla nascita di un soggetto femminile.

La nascita del soggetto femminile
Il soggetto, nell’ordine di senso comune, è unico e universale.
Una svista autentica che si è tradotta in un errore ontologico, epistemologico e simbolico che ha bloccato l’evoluzione della società umana.
Con il pensiero della differenza sessuale i soggetti diventano due come due sono i sessi.
Con il pensiero della Madre, gli ordini simbolici diventano due, come due sono gli autori della generazione umana.
un ordine sacro
La pratica politica di un ordine materno ha portato alla luce, ha reso visibile simbolicamente, una figura che nell’ordine dell’altro rimaneva invisibile, la figura della Figlia. Così come rimaneva imprevista la figura trascendente della Madre.

Non si da generazione femminile (ontologica, epistemologica, simbolica, spirituale) senza la prima di tutte le relazioni: la relazione trascendente Madre-Figlia. Una relazione che introduce al sacro.
L’esperienza del sacro nell’ordine dell’altro vede la circolazione dello Spirito divino fra Padre e Figlio.
Nelle pratiche politiche che giungono a toccare la profondità dell’ordine sacro circola lo Spirito divino fra Madre e Figlia.
un’opera di trascendenza
A causa dell’approfondirsi della ricerca simbolica la politica prima e l’opera prima che la determina acquistano il carattere di trascendenza.
Ci troviamo ora di fronte ad un’opera prima che tiene insieme umano e divino.
Politica e sacro.
L’apparire in alcune pratiche politiche della figura della Figlia in conseguenza del rendersi visibile della figura della Madre, ha consentito una esperienza pubblica e collettiva del sacro femminile.
Ma soprattutto ha reso visibile la matrice su cui si fonda ogni identità femminile fino alla sua esperienza più estrema, l’esperienza intima e sacra del simbolo.
E’ questa esperienza e la sua pratica politica che ha consentito di passare dalla paura della madre e dal conflitto con lei, all’affidamento alla Madre simbolica e di guadagnarne grandezza e sacralità.
alla luce dell’amore
In questa luce ha preso nuovo senso la parola amore.
L’amore è un’esperienza centrale nella vita femminile. Ma di solito è ridotto al piano affettivo, al senso del calore umano.
Ciò che di grande si rivela quando l’amore è all’opera è il suo carattere divino.
La sua potenza creatrice.
L’amore è all’opera quando genera luce, parola, lingua, pensiero, sapere senso.
L’amore è dunque la sorgente di una diversa epistemologia.
Di un punto di vista sulla realtà che contempla ciò che è, che sta alla realtà e la rende visibile.
La illumina di senso.
L’amore è al servizio della Vita.
E mette le donne al servizio di un bene che le trascende, che è la Vita stessa.
In realtà questo bene appartiene al corpo femminile. Vergine.

la trascendenza del corpo femminile
E’ al corpo femminile che la Vita assegna la più alta manifestazione di trascendenza.
Quando lo rende capace di accogliere in sé il non sé, una nuova creatura vivente.
E’ lì che il sistema immunitario arretra. Impedisce a se stesso di svolgere la funzione che gli compete che è quella di difendere il corpo da tutto ciò che gli è estraneo.
La più potente barriera difensiva che la Vita ci offre fa un passo indietro per consentire a ciò che gli è estraneo di crescere nel grembo materno.
Questa potenza materna del corpo femminile, del tutto invisibile, lascia una traccia visibile nella disposizione d’animo che mostra ogni donna a custodire la sacralità della vita.
A farsi sacerdotessa di questo sommo bene.

una svista simbolica
Quando c’è di mezzo la Vita ogni donna arretra pur di salvaguardarla. Tranne la propria che offre a piene mani.
Questa disposizione d’animo femminile non è stata mai compresa nel suo significato originario, più profondo, quello legato alla competenza del corpo femminile.
Anzi dell’offerta gratuita d’amore femminile ci si è sempre sfregati le mani, come di una svendita.
Una svista simbolica che ha tolto grandezza alla trascendenza femminile.
Anche quando si mostra come offerta dei corpi femminili al piacere maschile. Mercenario.
Quanta ricchezza simbolica gettata al macero. Gettata via come le donne da marciapiede. Con disprezzo.
Un punto di vista differente
No, nell’amore femminile c’è tutta la trascendenza che l’ordine dei padri attribuisce a Dio. E che noi donne riconosciamo a Maria.
Una ricchezza che rappresenta un bene dell’umanità.
Nell’amore femminile infatti si rivela un punto di vista differente.
Una differente epistemologia.
una doppia forza
Il corpo femminile porta una donna a guardare la realtà nella sua complessità.
In largo e in lungo, sotto e sopra, fuori e dentro, dotando le donne di una vista panoramica che diventa un bene se viene esercitata in uno stato di contemplazione viva del reale, ma che diventa un male se viene esercitata con malizia, per conoscere tutto quello che serve del reale e dominarlo.
Da qui la percezione mitica di una grande madre dotata di una potente forza creatrice e di una grande madre dotata di una potente forza distruttrice.
una civiltà umana ancora bambina
Così appaiono le cose alla luce di un bambino. E alla luce di una civiltà umana ancora bambina.
Dal punto di vista della Vita le cose cambiano di senso. Al procedere della Vita servono entrambe le forze, quella creatrice e quella distruttrice. Secondo il tempo giusto e il giusto avvicendarsi.
Le cose cambiano quando le due forze vitali finiscono con il configurare il regno eterno del bene e il regno eterno del male.
Una visione fantastica che la dice lunga sul punto a cui si è inchiodato lo sviluppo della civiltà umana.
Per schiodarla serve l’intervento di un punto di vista differente che le donne ereditano anche da Madre Natura e gli uomini soprattutto dall’esercizio dell’epistemologia di origine materna.

Donne e uomini assieme
Per una sana evoluzione della vita umana è necessario che donne e uomini, eredi del simbolico della madre e del suo differente punto di vista, operino assieme. Ciascuno con la propria competenza biologica e ontologica.
E’ questo il nuovo orizzonte di una civiltà umana che ha faticato a crescere per millenni al solo nome della madre e per altri millenni al solo nome del padre e che ora può portare a sintesi un processo che ci ha separati dentro e fuori.
E’ il superamento di una logica di scissione che ci ha impedito di sviluppare un punto di vista olistico o, se vogliamo, un punto di vista capace di accogliere contenere e guardare il reale nella sua complessità. Come fa una madre.
Donne e Uomini possono operare alla Luce dell’Amore.

Alla luce di una forma di intelligenza che parte dal cuore prima ancora che dalla mente.
E’ l’intelligenza che la società moderna riconosce a Dio. E che società preistoriche hanno riconosciuto alla Dea madre.
E’ l’intelligenza superiore, la luce divina che Anima riconosce a Amore e disconosce a Ragione nello Specchio delle anime semplici di Margherita Porete.
Ne parlano le mistiche, madri fondatrici, che fanno dell’amore divino la matrice delle loro fondazioni.
L’amore dunque, nella vita estrema femminile ha il carattere dell’amore di Maria, la madre divina.
Opera a far nascere il nuovo. A creare ciò che prima non c’era.
L’amore, spogliato dei suoi abiti di miseria, acquista la grandezza divina di agente di creazione femminile.
E’ alla luce dell’amore che una donna vede nell’invisibile.
L’amore è una luce propria di cui la Vita dota le donne per consentire loro l’opera materna.
Ma è anche la luce di cui le donne dotano i loro figli, anche maschi, come ha fatto Maria con Gesù.
L’amore come forma estrema di intelligenza che consente di accedere al reale sia nella sua apparenza che nella sua profondità.
L’amore è come una luce lunare che non acceca.
Ma fa luce quel tanto che basta per rendere visibile ciò che è illuminante in sé.
L’essenziale contenuto nel Reale

Mariagrazia Napolitano
Foggia 2012-2014